La colonna sonora nei film d’animazione. Intervista a Flavio Gargano, compositore di MILA
Gran parte della riuscita di un film dipende inevitabilmente della sua colonna sonora. Ma come nasce una colonna sonora di successo? Come si può contribuire a comunicare al meglio un film allo spettatore attraverso la giusta combinazione di musica e immagini? In occasione del 18esimo appuntamento con View Conference a Torino abbiamo avuto modo di parlarne con Flavio Gargano, compositore di Mila, il cortometraggio d’animazione di Cinzia Angelini.
Cosa ti ispirava del progetto e come sei entrato a farne parte?
E’ una storia molto bella perché l’inizio è stato inaspettato. Ho scoperto il progetto di Mila per caso e mi è sembrato da subito meraviglioso. Mi ci sono tuffato! Avevo visto che c’era un teaser di Mila e la soundtrack era una semplice traccia di pianoforte che forse cozzava un po’ con lo stile del video. Così ho deciso di prendere il video e modificare la soundtrack, per poi contattare Cinzia e vedere che cosa sarebbe successo. Ho iniziato a fare una composizione orchestrale, come secondo me andava fatta, e poi ho contattato Cinzia cercando di fissare un incontro. Non essendo possibile, le ho ho inviato il brano che avevo composto per il teaser. Dopo qualche minuto è arrivata la sua risposta dove mi diceva che ero la persona giusta, quella che stava cercando! In questo caso direi che l’audacia, anzi proprio la faccia tosta, è stata premiata. Da lì è partito questo viaggio, che inizialmente era una sorta di scommessa. Poi man mano, nel corso degli anni, è diventato un progetto concreto e adesso è una realtà immensa, perché da 5-6 persone siamo arrivati a 350 artisti da 25 paesi del mondo. Una realtà molto grande che ogni anno ingloba fan, collaboratori, persone da ogni parte. Quindi se ripenso da dove siamo partiti e dove stiamo andando realizzo che è tutto davvero magnifico.
Il motore di tutto questo progetto è sicuramente stata Cinzia, perché lei ha un’energia e una capacità di coinvolgerti unica. Ma alla passione sa unire anche la concretezza, perché a volte in questi progetti si promette ma non si conclude mai. Invece lei ha sempre portato a termine ogni cosa detta e sa coinvolgere con professionalità e sincerità, due componenti fondamentali.
Inoltre per me lavorare a questo tipo di progetto è divertente e stimolante: inizio a lavorare avendo come riferimento dei semplici animatic e solo in seguito posso vedere le sequenze renderizzate, con il lighting e le texture definite. È un po’ come aprire l’ovetto Kinder: dentro c’è la sorpresa e tu rimani incantato perché da uno sketch in bianco e nero non potevi immaginare così tante cose. Anche per questo è molto importante il dialogo con il regista, perché il compito del compositore non è fare una musica fine a se stessa. Non devi autocelebrarti, devi riuscire ad esprimere le emozioni che vuole il regista, quello che il personaggio vuole comunicare affinché arrivi all’audience. Se non riesci a fare questo resti un bravo musicista, ma non hai portato a termine il tuo compito fino in fondo.
A che punto del processo produttivo arriva la composizione della colonna sonora?
Ci sono state tre fasi. Per il primo teaser, dove avevo il video, è stato più semplice perché avevo tutto quello che mi serviva, dovevo solo puntare dei marker nei momenti principali e da lì ho iniziato a sviluppare la melodia. Poi c’è stata una seconda fase in cui avevo la sceneggiatura e lo storyboard, e quindi ho potuto iniziare a lavorare seriamente. Ho creato una bozza al pianoforte, con qualche strumento aggiunto. Questa fase è sempre molto importante perché permette al reparto grafico di avere una traccia audio a cui fare riferimento e a cui potersi in qualche modo ispirare. Successivamente il reparto grafico mi ha passato anche una bozza in 3D. Questo modo di lavorare è una sorta di ping-pong creativo e rende bene il concetto di team working.
Inoltre, non avendo la fretta imposta da una deadline, il processo è stato talvolta lento, con molte pause. Questo, se vogliamo, ha aiutato anche a non abituarsi a vedere e sentire le stesse cose tutti i giorni. Quindi si è potuto guardare con occhio distaccato il film e rendersi conto di cosa si poteva migliorare o cambiare. È stata un’esperienza nuova e bellissima e mi ha trascinato totalmente. Ho imparato tantissime cose.
Dunque la colonna sonora ha l’importante compito di comunicare un certo tipo di emozioni e accompagnare anche lo spettatore nella visione…
Assolutamente. Specialmente in un cartone animato muto, come Mila, dove non c’è un dialogo, non c’è una voice over, quindi la musica diventa davvero il linguaggio del personaggio. C’è ancora più responsabilità in questo senso.
Come sei arrivato a fare oggi quello che fai? Qual è stato il tuo percorso o comunque le scelte che ti hanno portato qui?
Tecnicamente ho studi pianistici e di composizione, quindi una formazione classica. Contemporaneamente una formazione molto elettronica, basata sulla computer music, che è fondamentale perché oggi – nonostante per Mila l’approccio sia stato classico, con orchestra – altri approcci possono richiedere musica elettronica o l’integrazione tra musica classica e musica elettronica. Quindi la formazione di un compositore deve essere quanto più ampia possibile, perché questo ti può permettere di lavorare a pubblicità, documentari, fiction e cartoni animati. Quanto più riesci a inglobare nel tuo bagaglio, tanto più hai la possibilità di lavorare. Specialmente – mi spiace dirlo – in Italia, dove spesso tocca percorrere strade tortuose prima di arrivare al un punto in cui la professionalità viene apprezzata e riconosciuta.
Attualmente stai lavorando a qualcosa oltre a Mila?
Oltre a Mila, lavoro alla Rai da anni per vari programmi televisivi e da poco ho iniziato anche con le fiction. E’ sicuramente un percorso vario, che non annoia mai, ed è questo il bello del nostro lavoro. È come se non fosse un lavoro per noi. Lavoriamo il sabato, la domenica, di notte e non ci pesa perché è una passione. Non si inizia a farlo per soldi, perché la gratificazione economica arriva sempre molto dopo. Quello che ti spinge è il bisogno di dover comunicare, il bisogno di dover esprimerti in un linguaggio che è nascosto, codificato, e che quindi non può essere capito direttamente. Spesso è il pensiero di qualcun altro che devi comunicare, l’emozione di qualcun altro. Devi fare arrivare all’audience l’emozione che prova una bambina – nel caso di Mila – che scappa via dai bombardamenti. Quindi devi riuscire a dare quella tensione, quella paura. Penso che tornare bambini sia una cosa che non capita nella vita di tutti i giorni, non si può fare, ma questo lavoro te lo permette. È un bel gioco alla fine, è divertente, è piacevole, quindi non posso che dire che amo il mio lavoro e il mio modo di essere musicalmente parlando.
Simone Buzzi Reschini
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